Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/62

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Come a me piace, sulle dotte carte
Ne’ miei colori immortalmente pingi.
Tacer dei de’ suoi dì la prima aurora,
Che in fasce d’oro lo vedea tranquillo
Ber l’aure prime, e i primi rai di vita.
Troppo imperfetto, ed infecondo è il primo
Cominciar de viventi. Allor da’ rozzi
Organi imbelli, allor da’ sensi inerti
Non secondata ancor dorme ragione,
Quasi un’ozio dell’alma. E qual non t’apre
Nelle vegnenti età l’eroe diletto
Fertil di gloria faticoso campo,
Come infinito mar, che di spalmata
Nave all’ardito veleggiar si mostra?
Non tacer, come sul fiorir degli anni
Spiegò l’indole bella, e come i lumi
Del pensar giusto, e dell’oprar diritto
Prese dall’arti formatrici, e seppe
Sorger, qual forge lieta pianta in lieto
Terren, traendo delle occulte fibre
Per le mudrici vie l’umore amico.
Fra la Patrizia gioventù togata
Qual gravitate, qual mirabil senno
Da’ primi di nol distinguea? Tal forse
Giovane apparve, e i non fallaci augurj
E le speranze meritò di Roma
Il forte Fabio, che cresceva all’armi,