Pagina:Poemetti italiani, vol. XI.djvu/156

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205Meravigliando si raddoppia, come
S’uom divenisse un Briareo. Poi sia
Del mobile cristallo uso nativo,
O che dietro la Maga industre il mova
Come più vuol, sì che il vibrato raggio
210Con tenor vario in lui fera e rimbalzi,
Qual noi veggiam da gli aurei palchi a un fischio,
Tale anche muta quella scena, ed ove
Città sedea, frondeggian selve: queste
Fuggono, e move ampio di Marte un campo.
     215Così nell’aria appar l’incanto: appare
Spesso ad un tempo ancor nell’onda, come
Vedemmo a questa volta; e tal n’è il caso.
La notte, che il prodigio alto precede,
Va sotto il mar la Fata, e con Nettuno
220Si ristringe, ed or priega, ora minaccia.
Nettuno ver Messina il mar rigonfia,
E a se nel trae ver Reggio, e sì lo agguaglia,
Che a Reggio, d’esto vagheggiarsi altera,
Novello acquoso specchio offre ed assesta.
225Ciò innanzi avvien de i matutin reflussi,
Le cui prime acque dal meriggio all’Orsa
Lente lente movendo, ecco partirsi
Pur quello in cento specchj, e i cento in mille,
E versatile anch’ei vantar la scena;
230Fin chè l’acque seconde urtin le prime,
E temendo via fuggano gli obbietti