Pagina:Poemetti italiani, vol. XI.djvu/180

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     185Ciò fatto avvien che d’abito si cange
Presso al cristal l’affannosetta Diva;
Ed ecco sparsa di minute frange
Quasi in trionfo l’andrienne arriva:
Poi di merli e di nastri una falange
190La seguita dappresso in comitiva,
E qual tributa lavorio più gajo
Batava spola o Parigin telajo.

     Ma che vegg’io repente? Ah largo, largo:
Ecco il pendulo alfin cerchio solenne,
195Che folcer dee lo sventolante margo
De la Gallico-italica andrienne.
Qual sia lo specchio sì mirando e largo
Che il gran volume interamente accenne?
Fortunate Nereidi! a cui la vasta
200Acqua del mar per ispecchiarvi basta.

     Infrascatasi appien, Jole contenta
Quanto fa, quanto puote, or si vagheggia,
E nel cristallo suo medita intenta
Come il ventaglio pertrattar si deggia,
205Come la vita or celere ed or lenta
Certo languor dolcissimo richieggia;
E come stringa il suo bocchin Dameta
Nel dir Monsieur con lo sfuggevol zeta.