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D’arboscei varj ne la pompa alteri
De le fronzute chiome, e di feconde
A’ rustici mariti olmi ramosi
Congiunte viti. I fianchi tuoi squarciati
Da l’aratro ingegnoso onde vestirli
Di bionde messi, e le tue vaste spalle
Sparsi qua e là superbi tetti, ameni
Giardini, aurei palagi, e ricchi alberghi
Godon di sostener: e Tempio augusto
A la petrosa tua fronte è cimiero.
Inoltro il passo pe’ tuoi clivi assorto
Ne le tue meraviglie, e un fiato io sento
Consolator d’aura gioconda, un nuovo
Lusinghiero diletto, un moto interno
Di gioia natural, che dalla fronte
Mi discorre a le piante, e in ogni fibra
Mi serpe, mi conforta i lassi spirti,
M’apre e dilata il cor, m’inonda i sensi,
E mi riempie di dolcezza sempre
Tanto crescente più, quanto più salgo
E al tuo vertice anelo. O ch’io trascorra
Il portico devoto, opra romana,
Che al gran Delubro adduce; o il trionfale
Arco trapassi, e le marmoree scale
A passi lenti ascenda, o il piè rivolga
Pel ripido sentier del nudo sasso
Che sostien la magion, de gli aquiloni