Pagina:Poemetti italiani, vol. XII.djvu/235

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     Si ritocchi il lavor; vieppiù risplenda
L’artifizio dell’ombre or fosche or lievi;
Quindi quel fuoco animator discenda
Che le grazie native appien rilevi,
65Ma qui ci vuol di Pimmalione il vanto;
Nella tela non passa il dolce incanto.

     Eccomi giunto alla metà dell’opra,
Ma quella che mi resta è più sublime;
La sua bellezza interna è d’uopo i’ scopra
70Più degno scopo dell’ingenue rime;
E son qual chi dalla collina al monte
Osserva dilatarsi l’orizzonte.

     Addio terrestri scene; or mi si para
Una celeste nobil prospettiva;
75Qui sorge alla virtù magnific’ara
Che sdegna i fregi della scola Argiva.
Qui Teresa non è donna, ma Dea,
E novello di cose ordin si crea.

     Ninfe, cui rende la beltà fastose,
80E più gli omaggi che l’amor curate,
Costei vedete in cui natura pose
Quanta splender quaggiù puote beltate,
Che quasi non sapesse d’esser bella
In aria comparir di pastorella.