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     Che più s’aspetta, o che puote esser peggio
Che più nel ciel ho io che ’n terra un uomo,
15A cui esser egual per grazia cheggio?
     Quattro cavai con quanto studio como,
Pasco nell’Oceano, e sprono e sferzo,
18E pur la fama d’un mortal non domo.
     Ingiuria da corruccio, e non da scherzo,
Avvenir questo a me; s’io foss’in cielo,
21Non dirò primo, ma secondo o terzo.
     Or conven che s’accenda ogni mio zelo
Sì, ch’al mio volo l’ira addoppi i vanni:
24Ch’io porto invidia agli uomini, e nol celo
     De’ quali veggio alcun dopo mill’anni
E mille e mille più chiari che ’n vita;
27Ed io m’avanzo di perpetui affanni,
     Tal son, qual era anzi che stabilita
Fosse la terra; dì è notte rotando
30Per la strada rotonda, ch’è infinita.
     Poi che questo ebbe detto, disdegnando
Riprese il corso più veloce assai,
33Che falcon d’alto a sua preda volando,
     Più dico: nè pensier porria giammai
Seguir suo volo, non che lingua o stile;
36Tal che con gran paura il rimirai.
     Allor tenn’io il viver nostro a vile
Per la mirabil sua velocitate,
39Via più ch’innanzi nol tenea gentile.