Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/171

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268-294 TEOGONIA 57

che a pari errano a volo coi soffi dei venti e gli uccelli,
sopra veloci penne, ché in alto si lanciano a corsa.

i figli di ceto e di forci



270E Ceto partorí le Graie bellissime a Forci,
che dalla nascita sono canute, e le chiamano Graie
gli uomini che sulla terra si muovono, e i Numi del cielo:
Penfredo dal bel peplo, con Enio dal peplo di croco;
e le Gorgóni che stanno di là dal famoso Oceàno,
275verso la Notte, agli estremi confini, ove, garrule voci,
sono I’Espèridi: Stenno, Euríale e Medusa funesta.
Era mortale questa, immuni da morte o vecchiezza
le prime due: con quella, sui fiori d’un morbido prato
a Primavera, il Nume s’uní dalla chioma azzurrina.
280E quando a lei Persèo dal collo recise la testa,
il grande ne balzò Crisàore3, e Pègaso. A quello
ben si convenne il nome, quand’egli d’intorno alle fonti
giunse d’Ocèano, e d’oro stringeva nel pugno una spada.
Quindi volò, lasciando la terra nutrice di greggi,
285fra gl’Immortali giunse, di Giove nei tetti or dimora,
e il tuono a Giove, mente sagace, ed il fulmine reca.

figli di calliroe



Crisàore s’uní con Callíroe, d’Ocèano figlia,
e Gerïóne nacque da loro ch’à triplice capo.
Ercole tolse a questo la vita, il gagliardo campione,
290nell’Eritèa circonfusa dall’acque, vicino ai giovenchi
dal lento pie’ quand’egli, d’Ocèano traverso al cammino,
spingeva i buoi dall’ampia cervice a Tirinto la sacra.
Ed Orto uccise, ed Euritióne, dei bovi custode,
nella nebbiosa stalla, di là dal famoso Oceàno.