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190-222 LO SCUDO DI ERCOLE 99

190d’oro; e lo stesso Marte funesto s’ergea tutto in arme,
che un giavellotto in pugno stringeva, eccitava le turbe,
di sangue tutto brutto, che agli uomini, ritto sul carro,
togliea la vita; e presso gli stavan Terrore e Sgomento,
ch’erano tutti brama d’irrompere in mezzo alla pugna.
195La Tritogenia figlia di Giove, la vaga di prede,
v’era, e sembrava come volesse apprestare la pugna:
ché l’asta e l’elmo d’oro dal triplice ciuffo reggendo,
l’ègida su le spalle, moveva alla cruda battaglia.
      Ed una danza v’era di Súperi, sacra: nel mezzo,
200soavemente il figlio di Lato e di Giove cantava
sopra la cetera d’oro. De Numi la sede, l’Olimpo
v’era, e una piazza, e attorno, corona di Numi infinita
a contemplare una gara. Le Muse Pïèridi, al canto
davan principio, e voci di femmina avevano, acute.
      205Di buon ormeggio un porto, nel pelago senza riparo
effigïato v’era, di stagno purissimo, tondo,
e che ondeggiasse pareva. Nel mezzo, parecchi delfini
guizzavano qua e là, correndo, alla caccia dei pesci.
E nuotatori v’eran: due d’essi sbuffavano l’acqua;
210e innanzi a loro, i pesci fuggivan, foggiati nel bronzo.
Un pescatore sedea su la spiaggia, e spiava, e una rete
da pesci aveva in mano, parea che volesse gittarla.
      Di Dànae chioma bella poi v’era, scolpito nell’oro,
il figlio Pèrseo, e ai piedi cingeva gli alati calzari.
215E non toccava coi pie’ lo scudo, né pur n’era lungi:
gran meraviglia a vederlo, ché punto non v’era poggiato:
con le sue mani così lo costrusse l’insigne Ambidestro,
Dal bàlteo, su le spalle pendeva una spada di bronzo
dai negri fregi: a volo movea, come vanno i pensieri,
220l’eroe. Tutta la schiena copria della Gòrgone il capo,
del mostro orrido; e tutta, stupore a veder, la cingeva
una bisaccia d’argento, svolavano lucide frange