Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/43

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PREFAZIONE xxxix

della poesia, che pure erano create e certo convergevano al medesimo scopo. Si vedano, nello Scudo d’Ercole le figurazioni delle Keres, e, soprattutto, quella di Umor negro (Ἀχλύς), che non figura nella serie della Teogonia, ma vi appartiene di pieno diritto, e anzi, per la sua entità, è una delle piú caratteristiche e rappresentantive. È una vera ipotiposi, e di quelle che valgono la carta di cittadinanza in qualsiasi regno mitologico.

Sistemata cosí, con l’unica attribuzione a Chaos, tutta una provincia, numerosa e confusa, della mitologia, Esiodo trovava il campo ancora ingombro da uno stuolo fittissimo di creature mostruose, nelle quali il fenomeno di antropomorfizzazione non si era verificato, o era rimasto a mezzo, «quasi entòmata in difetto». Esiodo ne colloca un gruppo — Ciclopi, Centimani, Tifone — sotto la discendenza di Terra: tutto il resto, una schiera infinitamente piú varia e numerosa, sotto il Ponto. Dico cosí, perché, sebbene per essi è proclamata la maternità della Terra, è ben chiaro che son tutte essenze originate dal mare, e che la maternità della Terra è aggiunta per conseguenza ad un principio che poneva Terra come madre di tutte le cose.

Nerèo, che del resto nasce per generazione diretta, è connesso con la radice na (naio), ed è una trasformazione antropomorfa del mare nel suo perenne movimento (in greco moderno acqua si dice ancora nerò: e nara, in sanscrito, vuol dire acqua). Ed anche piú trasparenti sono i nomi delle sue figlie, le Nereidi; i quali tutti simboleggiano gli aspetti innumerevoli del mare: Galene, per esempio, la calma: Glauche, la colorazione verde cerulea: Melíte la calma soave come il miele: Psamàte la distesa sabbiosa: Galatea l’albescenza