Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/57

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PREFAZIONE liII

che lei all’estremità della terra, nel luogo, dove, come vedemmo, sono relegati tutti i nemici di Giove. La sua separazione dagli altri Olimpi è messa in rilievo da Esiodo. E non basta. Ad onta delle sue benemerenze, essa rimane odiosa agli Immortali (775). Togliamo la solennità che, volere o non volere, è sempre compagna inseparabile delle parole «per legame musaico armonizzate»; e ci troviamo dinanzi ad un fatto diplomatico e politico. Abbiamo una regina di genti nemiche a cui il re offre dei patti. Essa li accetta e mantiene fedelmente. E ne riscuote il compenso. Ma torna poi, naturalmente, al suo regno; e i vincitori, passato il pericolo, ricominciano a considerarla come nemica: storia vecchia e sempre nuova. E s’intende che una grande simpatia non dové godere neppure fra le sue genti, che un po’ l’avranno considerata come transfuga.

Meno trasparente è la figura di Ecate. Ecate non vanta le benemerenze di Stige; eppure Giove la venera piú d’ogni altra creatura celeste (412), e i doni e gli onori che le largisce sono tali e tanti, che quelli di Stige al confronto, sembrano un nonnulla. Perché questa posizione eccezionale, su cui il poeta insiste con palese compiacimento?

Mantenendoci nella linea della nostra interpretazione, verrebbe fatto di pensare un momento che Ecate, se non piuttosto la sua madre Asteria, fosse una donna di alte qualità fisiche e morali, divenuta per queste favorita di Giove. Specialmente caratteristiche e significative possono sembrare le parole:

Cosí costei, che fu di sua madre l’unica figlia,
onor su tutti i Numi che nacquer piú antichi riscote.

Ma forse questa figura va invece spiegata con un criterio a cui non abbiamo avuto finora occasione di attenerci, e che