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Il grammatico Aristofane — dice un antico argomento de Lo scudo d’Ercole — sospettò che questo poemetto non fosse di Esiodo, bensí di un altro poeta, che volle in esso imitare lo scudo d’Achille descritto da Omero.
Di Esiodo lo credettero invece Mègacle d’Atene, anche citato nello stesso argomento, Stesicoro e Apollonio Rodio. Quest’ultimo avrebbe espresso il suo giudizio fondandosi sul carattere del poema; e certo in un giudizio che, necessariamente, secondo lo spirito dei tempi, fu, in primo luogo, di accento stilistico, egli poté essere buon giudice. La critica moderna, naturalmente, si accorda con Aristofane; ma, pur negando che il poemetto sia opera di Esiodo, lo riconosce anteriore a Stesicoro e a Pisandro, e, dunque, al 600 prima di Cristo. In sostanza, piú o meno, del tempo di Esiodo.
Sempre secondo l’autore del suddetto argomento, la protasi (1-56) sarebbe tolta dal Catalogo delle donne; e infatti i suoi legami col resto del poemetto sono così deboli, che sembra lecito supporla appiccicata.
La parte epica non vale molto, né in linea assoluta né in