Pagina:Poemi conviviali (1905).djvu/142

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122 poemi di ate

dalla massa d’eterna acqua, che sciacqua
pendula in mezzo all’infinito abisso;
che, mentre oscilla il globo della terra,25
là dentro fiotta, e urta le pareti
solide, e con cupo impeto rimbomba.
E l’anima di Glauco era travolta
nell’acqua eterna, e or lanciata contro
le roccie liscie, or tratta dal risucchio30
giù. Nè un raggio di luce, ma una romba
senza pensiero, e senza tempo il tempo.
Quando, un flutto sboccò con un singulto
in un crepaccio, e Glauco sgorgò dentro
l’antro sonante, e si trovò su l’onda35
d’un nero fiume che correa sotterra
rapacemente. Ed era tutto un pianto,
un pianto occulto, il pianto dopo morte,
oh! così vano, le cui solitarie
lacrime lecca il labile lombrico.40
E il fiume cieco del dolor sepolto
portò Glauco vicino alla palude
Acherusìade, ove tra terra e acqua
errano l’ombre a cui la morte insegna,
e che verranno ad altra vita ancora,45
quando il destino li rivoglia in terra.


     E vide le aspettanti anime Glauco
sul denso limo, a cui l’urtava il flutto,
e gridò Glauco, alto, e chiamò la madre:
«Madre che offesi... madre che percossi...50
madre che feci piangere... Ma vengo
sul fiume eterno, o mamma, a te, del pianto!
O mamma che... feci morire! E morto
ti sono anch’io; nato da te! più morto!