Pagina:Poesie (Carducci).djvu/173

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juvenilia 147

Grave durar la vita ed a baldanza
De i duri umani, io non codardo? e quello
Che largo a’ bruti e libero propose
Natura, a l’uom chiedere in vano? A stanza
105Sí vil che mi dannò?.... Del mio novello
Tempo il vigile tedio atre angosciose
L’ore misura, e le future cose,
Tanto ch’ a imaginar disdegno e tremo,
M’affrontan mute orribilmente in vista.
110O lassa anima trista,
O giovinezza mia stanca, morremo.
Qual peregrin che va per nova via
Tra genti liete ei mesto, e quelle intorno
Agitan festa, ragguarda egli e passa
115Pur dolorando, e meraviglia lassa
Di suoi sembianti, onde al cader del giorno
Di lui sospira alcuna anima pia;
Tale io passo al mio fin, tale a la mia
Mèta son giunto. A me chi guarda? a cui
120Del mio passar dorrà?.... Che monta? Io fui. —

Disse: e geloso custodí nel core,
Nel cor vivente ei custodí la morte,
Come di cara donna il primo detto:
E non domestic’ uso e non amore
125Ne la deliberata anima forte
Valse l’orma a spiar del diro affetto.
Come, ahi come a te il cor bastò, l’aspetto
Come ti resse, che non tinto e bianco