Pagina:Poesie (Carducci).djvu/285

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juvenilia 259

po’ meglio i tempi l’uomo e il poema, non lo direi piú né pure in un ditirambo. Le son novelle che oramai bisogna lasciarle a quei che sudano a lusingare il veltro.

LXVI) Nelle prime sei stanze si accenna ai Persiani. d’Eschilo, e in fine della sesta all’epitafio che leggesi nell’antica vita del poeta: Questo monumento ricopre Eschilo d’Euforione ateniese, perito nella fertil di grano Gela. Del suo inclito valore ti dirà il sacro campo di Maratona e il denso-capigliato Medo che ’l sa per pruova.

LXVIII) vv. 13-14. Come è detto da Persio vi: Mihi nunc ligus hora Intepet hibernatque meum mare. Persio era etrusco: ma il paese dalla Magra all’Arno fu detto piú d’una volta ligure, specialmente dai greci.

vv. 61-64. È una rimembranza del glorioso scolio ateniese: Carissimo Armodio, no tu mai non moristi: ma nelle isole de’ beati dicono che tu sei, ov’è il piè-veloce Achille e dicono anche il tidide Diomede.

v. 72. Si accenna al frammento di Alceo serbatoci da Ateneo x: Or conviene inebriarsi e di forza bere, da poi che morto è Mirsilo.


LIBRO V.


LXXIX) pag. 189. Fu stampato la prima volta non so piú in qual numero del Momo di Firenze nel 1858, con la seguente missiva:

Colui che ti scrive trovossi un bel giorno a sentir recitare in una accademia di questo mondo una diceria, non ti potrei dire quanto dotta e assennata e cristiana, sopra la educazione de’ figliuoli. E come a lui piacque sempre la costumanza di quei sapientissimi Greci, che i comandamenti della religione e le leggi civili e i precetti della moral filosofia mettevano in versi, e gli cantavano per le cene e gli scolpivano in capo