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CANTO TERZO | 151 |
dunque una tregua agli affanni, anche e specialmente d’Italia (91-153) Mentre i beati parteggiano per questa o quella, una densa nebbia involge il trono di Dio e n’esce una voce che mette in arbitrio di Bonaparte guerra e pace (154-180). Sparisce la visione, mentre i due cherubini di prima scendono a recare la spada e l’olivo all’eroe (181-198). Nella costellazione della lira soprarrivano il Verri ed il Beccaria, che, partitosi il Borda, si restringono a colloquio intorno alla patria, in un deliziosissimo luogo, cogli altri due lombardi (199-274).
Due virtú, che nimiche e in un sorelle
L’una grida rigor, l’altra perdono,
Care entrambe di Dio figlie ed ancelle,
Ritte in piè, dell’Eterno innanzi al trono
5Ecco a gran lite. Ad ascoltarle intenti
Lascian l’arpe i celesti in abbandono;
Lascian le sacre danze, e su lucenti
Di crisolito scanni e di berillo1
Si locâr taciturni e riverenti
10D’ogni parte quetato era lo squillo
Delle angeliche tube, il tuon dormiva,
E il fulmine giacea freddo e tranquillo.
Allor Giustizia, inesorabil diva,
Incominciò: Sire del ciel, che libri
15Nell’alta tua tremenda estimativa2
Le scelleranze tutte e a tutte vibri
Il suo castigo, e fino a quando inulti3
Fian d’Europa i misfatti e di ludibri
Carco il tuo nume4? Ve’ tu come insulti
20L’umano seme a tua bontade, e ingrato
Del par che stolto nella colpa esulti?
Vedi sozzi di strage e di peccato
I troni della terra e dalla forza
Il delitto regal5 santificato.
25Vedi come la ria6 ne’ petti ammorza
Di ragion la scintilla, e i sacri, eterni
Dell’uom diritti cancellar si sforza:
Mentre nuda al rigor di caldi e verni
Getta la vita una misera plebe
30Che sol si ciba di dolor, di scherni;
E a rio macello spinta, come zebe7,
- 19. Carco il tuo nome? (L.).