Pagina:Poesie (Monti).djvu/208

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192 IN OCCAS. DEL PARTO DELLA VICE-REG. D’IT.

     Non sarai sola; e giuralo
     144L’alta fortuna del maggior dei re.
Tale del fato interpreti
     Sciogliean le Muse il canto.
     In viva onda d’ambrosia1
     Lavò Minerva intanto
     La pargoletta; e l’alito
     150Sacro ispirando: Tu se’ mia2, gridò.
E le Gamelie vergini,
     Curatrici divine,
     D’auree fasce l’avvolsero.
     Fra le chiuse cortine
     Vide l’opra mirabile
     156La diva3 che m’assiste, e la cantò.

    zioni all’imperatore che era fatalista. Come il M. altri allora vollero consolare il viceré, predicendogli un maschio: Febe ha preceduto Apollo dissero. L’alta fortuna di Napoleone pertanto gli darà quel maschio che gli varrà a continuare la dignità reale nei suoi discendenti». Ferr.

  1. 147. ambrosia: cfr. la nota al v. 4.
  2. 150. Tu se’ mia: sarai tutta imbevuta dell’amore dell’arte è degli studi.
  3. 156. La diva ecc.: la mia Musa.



LE API PANACRIDI IN ALVISOPOLI

Contenuto: Questo miele, colto nella mattina sui fiori dell’aprica Alvisopoli, noi Api Panacridi rechiamo a te, augusto fanciullo, erede di Quirino: noi, nutrici un dí di Giove, che, per questo, ci fece immortali e ne concesse di vagare libere da per tutto (1-16). A Nestore, a Platone, a Pindaro e a Virgilio stillammo su le labbra il dono dell’eloquenza e della poesia (13-32): fin che ponemmo il nido sul bel Lemene, dalle cui fiorite sponde cogliemmo per te questo miele. Celeste è il cibo; e saggiamente le api successero i’ gigli, ché noi siamo immagine di re valoroso e abbiamo indole guerriera e nata a regnare (33-52). Il favo che t’è sul labbro sia dunque di buon augurio per te, figlio d’un Giove terreno, cui se non uguagliare, potrai almeno imitare (53-72). Degnati allora d’un sorriso al paese, che, modesto offeritore, ti manda questo piccolo dono. Minerva su quelle sponde, ove gareggiano fra loro l’arte e la natura, crea una città industriosa, in cui, tra l’altro, si coltiva il cotone per mano della fanciulla amante del giovane, che abbandona i campi e vola alle armi, e che ti seguirà, quando sarai adulto, tra le squadre (73-100). Ma agl’impeti della guerra siano freno le virtù della tua madre adorata, posta da Dio sul maggiore dei troni. A lei sorridi: vedi che tutto intorno alla tua culla esulta (101-124). Così era di Giove in Ida, che, crescendo fra gridi e suoni, rompeva le fasce, tendendo già col pensiero a divenir signore del mondo (125-132). — Napoleone, ripudiata Giuseppina (cfr. la nota d’introd. a p. 186) per mezzo del senato-consulto del 16 dicembre 1809, sposò, per procura, l’11 marzo 1910 Maria Luigia, arciduchessa d’Austria (1791-1847), figlia dell’imperatore Francesco I e di Maria Teresa