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CANTO SECONDO 261

     Esaminando, e palpitando: Oh! (disse)
     410Noi miseri, che fia? Mirate in quale
     Fier silenzio sepolta è la natura!
     Non stormisce virgulto, aura non muove,
     Che un crin sollevi della fronte: il rivo,
     Il sacro rivo di Feronia anch’esso
     415Ve’ come sgorga lutulento1, e fugge
     Con insolito pianto; e là Melampo,
     Che in mezzo del cortil mette pietosi
     Ululati e da noi par che rifugga,
     E a sé ne chiami. Ah chi sa quai sventure
     420L’amor suo n’ammonisce e la sua fede!
     Poniamo, o figli, le ginocchia a terra;
     Supplichiamo agli dèi, che certo in ira
     Son co’ mortali. Avea ciò detto appena,
     Che tingersi mirò l’aria in sanguigno,
     425E cupo un rombo propagossi. Il rombo
     Venía dall’opra di Vulcan; che, ratto
     La montagna esplorando, ove piú vivo
     Con lo spesso odorar sentía l’effluvio
     De’ commossi bitumi, entro un immane
     430Fendimento di rupi era disceso,
     Buio baratro immenso, a cui di zolfi
     Ferve in mezzo e d’asfalti un bulicame,
     Che in cento rivi si dirama e tutte
     Per segreti cunicoli 2e sentieri
     435Pasce le membra degl’imposti monti.
     In questa di tremuoti atra officina
     Lasciò cader Mulcibero3 l’ardente
     Irritato carbone. In un baleno
     Fiammeggiò la vorago, e scoppi e tuoni
     440E turbini di fumo e di faville
     Avvolser tutto l’incombusto dio.
     Piú veloce dell’ali del pensiero
     Per le sulfuree vie corse la fiamma
     Licenziosa, ed abbracciò le immense
     445Ossa de’ monti, e delle valli i fianchi,
     E d’Anfitrite i gorghi. Allor dal fondo
     Senza vento sospinti in gran tempesta
     Saltano i flutti: ondeggiano le rupi,
     E scuotono dal dosso le castella

  1. sgorga lutulento: Orazio Sat. I, iv, 11: Cum flueret lutulentus.
  2. cunicoli: strade sotterranee.
  3. Mulcibero: Fonditore, soprannome di Vulcano. Cfr.