Pagina:Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi tra le pastorelle arcadi Lesbia Cidonia, 1820.djvu/117

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     D’un giocondo piacer sarete obbietto,
     O mi arrida la sorte amica, o segno
     20Mi voglia a crudi angosciosi affanni.
     Qual giorno v’ha sì nubiloso e tetro,
     Qual v’ha sì mesta erma contrada, ov’io,
     Qualor dintorno a me spiegate i vanni,
     Mille scherzar non veggia in ogni parte
     25Festosi Genj, e seco il riso, e il gioco?
     Voi mi seguiste infìn su l’ardue cime
     Del Monsenì gelato, e il fiero aspetto
     Di quell'Alpi canute, e il rischio stesso
     Mi rendeste soave, e non temeste
     30A sì immenso spettacolo commossi
     L’Eco destar, che là si asconde in quelle
     Alte paurose rupi, al mugghiar roco
     Di furenti Aquilon soltanto usate.
     Ma qual, vostra mercede, a me si aperse
     35Scena di gioja allor che oltre le ricche
     E sì care al commercio industri rive
     Del Rodano varcai, e là men corsi
     Ove lambendo un regio suol discende
     “Di Parigi al rumor muta la Senna!”
     40Ben mi rimembra, e la cortese voce
     Ascolto ancora, e gli atti umani io veggio,
     Co’ quai Buffon vi accolse, egli, che tutti
     Di Natura i tesor scoprendo, omai