Pagina:Poesie di Giovanni Berchet.djvu/105

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     Essa in disparte, e posto al labbro il dito,
     Dovea il fato aspettar dal suo nemico,
     Come siede il mendico
     Alla porta del ricco in sulla via;
     Alcun non passa che lo chiami amico,
     E non gli far dispetto è cortesia.
     Forse infecondo di tal madre or langue
     Il glorioso fianco? o forse ch’ella
     Del latte antico oggi le vene ha scarse?
     O figli or nutre, a cui per essa il sangue
     Donar sia greve? o tali a cui più bella
     Pugna sembri tra loro ingiuria farse?
     Stolta bestemmia! eran le forze sparse,
     E non le voglie; e quasi in ogni petto
     Vivea questo concetto:
     Liberi non sarem se non siam uni;
     Ai men forti di noi gregge dispetto
     Fin che non sorga un uom che ci raduni.
     
     Egli è sorto, per Dio! Sì, per Colui
     Che un dì trascelse il giovinetto ebreo
     Che del fratello il percussor percosse;
     E fattol duce e salvator de’ sui,
     Degli avari ladron sul capo reo
     L’ardua furia soffiò dell’onde rosse;
     Per quel Dio che talora a stranie posse,
     Certo in pena, il valor d’un popol trade;
     Ma che l’inique spade
     Frange una volta, e gli oppressor confonde;
     E all’uom che pugna per le sue contrade
     L’ira e la gioia de’ perigli infonde.

     Con Lui, signor, dell’itala fortuna
     Le sparse verghe raccorrai da terra,
     E un fascio ne farai nella tua mano
     . . . . . . . . . . . . .

ALESSANDRO MANZONI