Pagina:Poesie di Giovanni Berchet.djvu/108

Da Wikisource.

— 108 —

          «Quel tremendo gigante di guerra
     Obblïaste che nacque sua prole?
     Fu scintilla dell’italo sole
     La grand’alma che il mondo abbagliò.

«La sua possa fra gli urti nemici
     Fu tra i venti saldissima balza;
     Come cedro sui rovi s’innalza,
     Ei s’ergea sul volgo dei re.
          «Di sua mano nel libro de’ fati
     Ei segnava la pace e la guerra;
     Quei tiranni che opprimon la terra
     Stavan tutti tremanti al suo piè.

«Tramontata la viva sua luce,
     Si rïerser dall’imo lor fondo,
     Come l’ombre risorgon sul mondo
     Quando il sole dal mondo sparì.
          «Ombre nere di nordica notte,
     Sulla terra del sole addensate,
     Ombre nere, svanite, sgombrate,
     Io son l’alba del nuovo suo dì!»

Così dice, la face scotendo,
     La foriera del giorno di pace,
     E, agitata, raddoppia la face,
     Quasi conscia, l’eterno splendor.
          Incalzate quell’ombre funeste,
     Rarefatte già vagan d’intorno:
     All’annunzio del prossimo giorno
     Scuole Italia l’indegno torpor.

«Arme,» grida Sabaudia guerriera,
     «Arme,» grida l’audace Liguria,
     E l’Insubria, l’Emilia, l’Etruria
     A quei gridi brandiscon l’acciar.
          Dalla cima dell’Etna fiammante
     Alle vette dell’Alpi nevose
     Giuran tutte le genti animose
     La nemica grifagna snidar.