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IV


Squilla in Parga l’annunzio d’un bando: —
     Posti a prezzo dall’Anglo noi siamo,
     131Come schiavi acquistati col brando. —

Vano è il pianger; schernito è il richiamo;
     Già il vegliardo dell’empia Giannina
     134Co’ suoi mille avanzarsi veggiamo.

Già già tolta all’inflessa vagina
     Sfronda i cedri del nostro terreno
     137L’insultante sua sciabla azzurrina.

Egli viene: — dal perfido seno
     Scoppia il gaudio dell’ira appagata;
     140La bestemmia è sul labbro all’osceno.

Non è il forte che sfidi a giornata;
     È il villano che move securo
     143A sgozzare l’agnella comprata.

Ah! non questo, o Britanni, è il futuro
     Che insegnavan le vostre promesse,
     146Questi i patti, o sleali, non furo.

Pur quantunque deluse ed oppresse,
     Le mie genti al superbo Ottomanno
     149Non offrîr le cervici sommesse.

Un sol voto di mezzo all’affanno,
     Un sol grido fa il grido di tutti:
     152«No, per Dio! non si serva al Tiranno.»

Quindi al crudo paraggio condutti,
     Preferimmo l’esiglio. — Ma questi
     155Ch’oggi tu m’hai scampato dai flutti,

Fin d’allora in suo cor più funesti
     Fea consigli, e ne’ sogni inquïeti
     158Io, vegghiando, l’udìa manifesti

Darmi i segni de’ fieri segreti.—