Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico I.djvu/272

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Su’ tristi giorni suoi Carlo fremea:
     Data non gli era onnipossente mano,
     E pur argin gagliardo imporre ardea
     84A quel di vizi orribile oceàno.
     Non disperò della sublime idea,
     Il soccorso affidandol sovrumano,
     Vide ch’altri giovar uomo può sempre,
     88Se a virtù somma sè medesmo tempre.

Dio benedisse quell’eroica brama,
     Il suo servo su molti altri estollendo,
     E tal gli diè di giusto Presul fama,
     92E linguaggio amorevole e tremendo,
     Che, mentre de’ perversi ad ogni trama
     Fu visto questi oppor senno stupendo,
     Ad amarlo costretti o a paventarlo,
     96Tutti il messo di Dio scerneano in Carlo.

Chè se rigore e dignitosa vita
     Il Vescovo integerrimo imponeva,
     Ei pria mollezza avea da sè sbandita,
     100E co’ poveri il pan condivideva,
     E l’austera sua mente era addolcita
     Da quel sorriso che gli afflitti eleva;
     Co’ superbi terribile soltanto,
     104D’ogni infelice intenerìalo il pianto.