Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/165

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Misterïosa se n’accorge e guata,
V’è la voce di qualche angiolo amante
850Che tutti sforzi a pro dell’uomo adopra:
V’è la possa d’Iddio che lume sempre
Bastevol dona a illuminar suoi figli.
     Vane di coscïenza in Eleardo
Son le fallaci industrie: ei sulla fronte
855Porta il corruccio di talun che vive
Fra scoperti ribaldi, e più li mira,
Più inorridisce; e nondimen vorrebbe
Insensato scusarli e amarli ancora.
     Oh come trista di quel dì esecrando
860Giunse la sera, e qual più trista notte
Agitò ognun che, pari ad Eleardo,
Alti e pietosi sensi ivi serbasse!
Ma la dimane di quel dì pur troppo
Sorse peggior! Repente una perfidia
865Entro le mura di Saluzzo avvenne,
Che affrettò la caduta. In vari alberghi
Scoppiano incendi orribili, ed il volgo
De’ cittadini si sgomenta, accoglie
Di calunnia le voci. Un grido s’alza
870Esser Tommaso degl’incendi autore,
Affinchè al buon Manfredo omai vincente
Nulla Saluzzo fuorchè cener resti.