Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/240

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345Clara il soccorre, il mira, ed alla negra
Ricciuta barba e al crine ella il ravvisa.
     Chi era? Chi? . . . Manfredo! il già possente
Desolator della sua patria! il ladro
Che alla corona del nepote osava
350Stender la man sacrilega, e sul capo
Inverecondo imporsela, e i diritti
Calpestar più sanciti, e di Saluzzo
Dirsi benefattor, serva a stranieri
Brandi facendo la natìa contrada!
     355Fortuna alfin l’abbandonò: fuggiasco
Da compiuta sconfitta è l’empio sire,
E per sottrarsi agl’inseguenti ferri
Ei s’è imboscato in varii lochi, e ignote
Calcò deserte rupi. Indi pel sangue
360Nella pugna perduto e per la rabbia
Gli s’era da brev’ora intorbidato
Sì fattamente il lume del pensiero,
Che mal sapea dov’ei movesse, e giunto
Era ai campi d’Aroldo altra credendo
365Sponda toccar. Qui più dal dolce tempo
D’adolescenza riportate mai
Non avea l’orme, ed alberi e tugurii
Mutato avean l’aspetto della terra.
     Sol quand’ei vide Clara, appien le soglie