Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/264

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D’unanimi signori, anch’essi audaci
In desiderio di supremo impero.
     255Il saluzzese cavalier si piacque
Su’ bei liti dell’Adige, e più lieta
D’ogni altra corte or giudicando questa,
Disse a Gilner: — Se poi Vinegia a noi
Stanza grata non fosse, io, vedi, ho fermo
260Di trarmi a queste sponde. Il sai, prosapia
È d’eroi la Scaligera, e la insidia
Qui della serpe Viscontèa non cova.
Dante Alighier, quel lume delle genti
Che passato e presente e avvenir seppe,
265Com’ esul fu dalla sua ingrata terra
Qui portò i passi, ed altre itale reggie
Non onorò sì lungamente. È fama
Che l’ispirato ingegno presagisse
A questa prode casa alte fortune.
270In Mastino ed Alberto io veramente
D’anime grandi e voci e modi scerno.
     — Signor, non volge lungo tempo, il guardo
Accarezzante e astuto del Visconte
Apparìavi innocenza di colomba.
     275— Taci!
                      — Que’ nomi di Mastino e Cane
Che di Verona usano i prenci, un segno