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Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/58

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     E s’addormenta un’altra volta. E vede
     Il tempo antico e la città solenne
     Ove sorge il Calvario, e là pur vede
     Di Getsèmani l’orto, ed appressarsi
     400Una frotta d’armati, e Iscarïote
     Dare il bacio alla vittima! . . . Ed oh vista!
     Iscarïote era Guelardo!
                                                       Balza
     Spaventato destandosi Ebelino,
     E que’ tre sogni avvertimento estima
     405Dell’angiol suo. Fuggir vorrìa; ma dove?
     Ma perchè? Fugge l’innocente mai?
          Pochi istanti anelò fra que’ pensieri
     Di stupor, di tristezza, e piena d’armi
     Fu ben tosto la soglia. Udì Ebelino
     410Che dal suo Imperador venìan que’ ferri,
     E il cenno di seguirli; ai manigoldi
     Cesse con muto fremito la spada,
     E porse ai ceppi gli onorati pugni.
          Quasi ladro il trascinano, e Milano
     415E tutta Lombardia mira quel crollo
     Sì inopinato. Il prigioniero obbrobri
     Soffre inauditi; e non sarìagli pena
     Dagli sgherri soffrirli: itale voci
     Lo irridon per la via, maledicenti