Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/60

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                                                          E pianse
     445Siccome pio figliuol sulla ignominia
     D’una madre infelice; e gli sovvenne
     Quanto già quella madre avea prefulso
     In virtù fra le genti, e a depravarla
     Quante cagioni eran concorse! E grande
     450Su lei di Dio misericordia chiese;
     E dal dolce aer suo, dalle ridenti
     Tutte illustri sue sponde, ei nè le amanti
     Ciglia diveller, nè il pensier poteva!
          Satan che indarno occultamente spinto
     455Avealo ad imprecar la patria terra,
     Urlò di rabbia le sue preci udendo;
     E di Lamagna per alture e piani
     Corse con questo grido:
                                                       — È alfin caduto
     L’italo malïardo, il seduttore
     460De’ nostri augusti, il protettor di quanti
     Di Lombardia traeano ad impinguarsi
     Sul germanico suol, genìa predace
     Onde la tanta povertà cresciuta
     In quest’anni da noi! Tutti Ebelino
     465Nostri tesori al lido suo recava,
     E colà un trono alzar voleasi, allora
     Che ad atterrar le ribellanti spade