Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/63

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     Atterrìa lampeggiando, ed in un punto
     Fu su roccia dell’alpi. Ivi gigante
     Si soffermò, e da questo lato i campi
     Della lieta penisola mirando,
     520E dall’altro le selve popolose
     De’ boreali, l’una e l’altra palma
     Battè plaudendo al sovrastante lutto
     D’entrambo i regni, ed eslamò: — Vittoria!
          Di là scagliossi alla città del trono
     525E de’ cento felici incliti alberghi,
     E delle orrende mura ove trascina
     Sua catena Ebelin. Desta il demonio
     Ne’ giudici, che Ottone a indagin chiama
     Dell’alta causa, aneliti vigliacchi.
     530Temon, se reo non trovan l’accusato,
     L’ira d’Otton, l’ira d’Augusta, l’ira
     Di quel Guelardo che per essi or regna;
     E dove il trovin reo, speran più pingui
     Gli onorati salarii, e maggior lustro.
          535Chi primiero è fra’ giudici? Oh impudenza!
     Guelardo stesso!
                                         Oh come il core all’empio
     Nondimen trema, udendo che s’appressa
     L’irreprensibil catenato! E questi
     Entra con umil, sì, ma non prostrato