Pagina:Poesie italiane.djvu/9

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re di olio, perch’egli le meditava e limavale assiduamente (eternamente non era per anche in uso) al lume della lucerna; e Tullio, non già per beffarlo, disse: Cui non sunt auditae Demosthenis vigiliae? qui dolere se ajebat, si quando opificum antelucana victus esset industria. Tusc. IV, 44. Tuttavia, mercè di quella lucerna e di quelle veglie, le orazioni di Demostene, dopo venti secoli, vivono ancora e vivranno altamente ammirate. Il robusto poi della novità (sovente frivola) e dell’importanza (talor più frivola) si cercherebbe a torto in componimenti soavi, nei quali l’Autore, come l’argomento chiedea, si propose non di scuotere gli uomini, ma di dilettarli; non d’inerpicarsi per balze precipitose, ma di ricalcar le belle orme sicure de’ migliori maestri; non di far trattati dogmatici, ma d’esprimere leggiadramente de’ leggiadri pensieri. E com’egli seppe altresì concepirli, cosìognu-