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dal 1896 | 129 |
L’alta città divampava in un vortice rosso di fiamme,
sotto la pendula nebbia d’un gran plenilunïo d’oro.
Erano morti gli eroi: da le torri gli Achei ne le fiamme
or ne gettavano i figli e portavano al mare le donne:
5e ne la notte serena, passando con ululi lunghi,
d’Ilio con quelle al Sigèo rotolavano i carri da guerra.
Ma non il Dolope Antìclo giungeva a le Porte Sinistre
dalla città: nel cavallo d’Epèo v’era entrato nel giorno:
ora l’auriga attendeva il suo prómaco, il carro la preda
10sotto del faggio; ma il carro era vuoto, l’auriga era solo,
ed i cavalli legati con le abili redini al tronco,
sangue odorando più là, sobbalzando al guizzar de le fiamme,
spesso nitrivano al vento, e scavavano il campo con l’unghia.
Ma non Antìclo tornò; che ferito dal frassino grave
15presso la casa giacca di Deifobo. Dentro la casa
orrido fremere d’uomini e strepere chiaro di ferro;
chè ne la casa gli eroi già venuti coi mille vascelli,
Locri, Aspledonii, Focei, Cefalleni, Mirmidoni, Abanti,