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iv - sonetti 99

III

L’ENTUSIASMO.

Qual ignoto mi porta impeto, e dove?
son io libero spirto o a’ membri affisso?
In un punto trasvolo etra ed abisso,
e la folgore accendo in mano a Giove.
Fors’è ’l sacro furor che fa sue prove
in me, quai vider giá Tebro ed Ilisso,
maggior del fato che a’ mortali è fisso;
maggior di lei che in su la rota move?
D’affetti intanto e di pensieri ondeggio,
in uno quasi mar che cela il lito,
e nulla fuor che vision non veggio.
Quando il confin, cui circoscrisse il dito
dell’Eterno, m’arresta; e qui vagheggio
in caligin l’idea dell’Infinito.

IV

A BENEDETTO MARCELLO.

Pieno d’attiche idee, d’italo ingegno,
quando, Marcello, con tue note esprimi
i santi affanni del cantor piú degno,
e al par d’Atene, in grido Adria sublimi;
e intanto aggiugni a non usato segno
con tal lavor che il tempo indarno limi,
e un seggio acquisti d’Armonia nel regno,
maggior fra i grandi e non secondo ai primi;
parmi veder nelle tue carte Amore,
l’Amor che ha di lassú forma e misura,
prender émpiti e tempre ignote al core;
e questo, mentre a se stesso si fura
fra la gioia diviso e fra ’l dolore,
quasi dell’arte ingelosir natura.