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102 angelo mazza

IX

TEATRO MUSICALE.

1

È di Venere il tempio, o de le fate
il soggiorno che s’apre agli occhi miei?
Incantator de l’anima, qual sei
che di tanta m’ingombri e tal beltate?
Certo sua stanza ha qui la voluttate
compagna indivisibil degli dèi:
abbiatevi la vostra, o cirenei,
al gioir de’ celesti alme non nate.
Ov’io mi volga, ov’io mi guati, è tardo
il pensiero in rapir le belle forme,
che, scossi a gara, beon l’orecchio e ’l guardo.
Volan gli affetti del desio su l’orme
accelerati da piacevol dardo;
e Ragione che fa? Sorride e dorme.

2

E dorme il sonno a quel de’ numi eguale,
ch’è silenzio di cure aspre inquiete,
col sommergerle tutte in grembo a Lete,
membrando il bene, e smemorando il male.
Sagace l’uom, cui del diman non cale,
disfiora il meglio de le cose liete,
imperturbabil d’animo quiete
fa che vita mortal sembri immortale.
Tal, né dissimil forse, era lo stato
ch’un tempo vide il gran padre Epicuro
il popol degli dèi starsi beato.
Stillava voluttá nettare puro,
lasciando al Caso schernitor del Fato
il poter sul presente e sul futuro.