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Pagina:Poeti minori del Settecento I.djvu/223

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i - giornata villereccia 213


20
Come allor che sui torbidi e spumanti
flutti s’accheta il procelloso fiato,
non però posan l’onde, e come avanti
dura l’impeto ancor del mar turbato,
e delle navi instabili e ondeggianti
or al sinistro ed or al destro lato
vedi gli altissimi alberi lontano
gir dondolando su l’ondoso piano.
21
Ma non però finor Titiro ottiene
che alcun giú balzi e nella polve cada;
che, quantunque vacilli, ognun si tiene
però sul basto e a rassodarsi bada.
Ma troppo è ver che in un sol punto avviene
ciò che fia appena che in un anno accada:
ah! Mopso mio, dunque a te sol la rea
sorte un tal colpo riserbar dovea?
22
Or tu, musa gentil, la cetra aurata
a piú vivace e lieto suono desta;
e in questa parte, non a Silvio ingrata,
che del canto leggiadro ultima resta,
l’innocente caduta e l’onorata
pugna di Mopso a celebrar t’appresta,
onde del fatto illustre eterna storia
serbi ai futuri secoli memoria.
23
Distinto in quello stuol Mopso appariva
in ben composto ed elegante arnese;
ma, come incerto e timido veniva,
stretto il ginocchio avea, le gambe stese;
e, ogni sasso schivando ed ogni riva,
ben fermo si tenea su le difese;
che, rotondetto di persona e grosso,
avea paura di stoppare un fosso.