Pagina:Poeti minori del Settecento I.djvu/283

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Oh ingannato mortai, che non s’accorge
che in suo cammin va brancolando e falla
105come cieco lontan da chi lo scorge!
«Nato á formar l’angelica farfalla»,
se colassuso Eternitá l’aspetta,
perché nel fango i suoi pensieri avvalla?
A incalzarsi le etá si danno fretta,
no e al suo principio la celeste imago
tornarsene pur dee nuda e soletta.

Quanto ha di turpe in sé, quanto ha di vago»
veste non fia che cuopra, e in lei si vede
come in terso cristallo o in puro lago.
115II tempo è quello in cui l’alma s’avvede

che non albergan larve in sen del vero,
e piú dubbio non è ciò ch’ella crede.

Ratto, securo allor muove il pensiero,
né a lei l’offusca il sensual velame,
120cagion del falso immaginar primiero;
e, ripentita dell’antiche brame,
nel bello eterno che non ha difetto,
se il merta, avvien che ogni desio disfame.
Gloria terrena, onor, labil diletto,
125falso piacer, che tosto il tempo solve,
vede sparir davanti al nuovo obbietto;

come allo spalancar, se occhio si volve,
di socchiuso balcon, mira dispersi
gli atometti de’ rai che sembran polve.
130Ah stolto! anch’io d’inutil pianto aspersi

vergate carte, e a passeggieri danni
i tristi omei vaneggiando conversi.

Or m’avveggio che in terra e gioie e affanni
fantasmi son dell’egro che delira;
135e saggio è quel che, u’ stanno immoti gli anni,
a eterna sol felicitade aspira.

Poett minori del Settecento - in. 18