Vai al contenuto

Pagina:Poeti minori del Settecento I.djvu/350

Da Wikisource.

distante dal sole; e perciò si considera come se fosse nel suo corpo medesimo. Un filosofo, parlando il linguaggio poetico, fa di mestieri che alquanto rilasci della sua geometrica precisione, per non essere o troppo arido o soverchiamente diffuso; e questo sia detto per togliere a’ severi lettori ogni titolo di lamentanza, se non ritrovassero ne’ versi posti in bocca a Neutono quella scrupolosa esattezza che si ammira nelle opere sue immortali.

V. 272 — Si sono qui ristrette in pochi versi le leggi della newtoniana attrazione, e quelle di Keplero intorno alla distanza ed a’ periodi de’ pianeti.

V. 37J — Galileo, come ognun sa, fu il primo a rivolgere il cannocchiale, chiamato dall’origin sua «batavo», verso le stelle. Perciò Milton nel suo Paradiso perduto paragona lo scudo di Satana alla luna, che contemplava quel toscano filosofo:

Like te nioon, whose orò

through optic glass the tuscan artist vie^us at evening front the top of Fesolè, or in Vatdarno, to descry new lands, rivers, or mountains in her spotty globe.

III. L’eccidio di Como. Fu letto in Arcadia a Roma dall’a. nel 1790, dopo questa quasi prefazione:

Avendo io, nel tessere un eroico componimento intorno alle origini, alle antichitá ed alle vicende di Como, raccolte con molto studio alcune non volgari notizie, ed instituite laboriose indagini sul vero significato de’ celtici nomi che lá suonano non intesi, credei pregio dell’opera ordinare tutta questa letteraria suppellettile in modo che un compiuto ragionamento, scevero, per la varietá, della noia, se ne venisse a formare, e potesse quindi tener luogo della prosa; elucubrazione, la quale alle poetiche con saggio consiglio avete in costume di premettere, arcadi valorosi, nelle pubbliche adunanze al rinovellarsi del mese. Alludono i versi a molti punti di storia patria, che per la loro poca celebritá si possono dagli stranieri, senza taccia d’ indotti, ignorare; laonde godranno d’esserne prima istruiti per ben intendere il senso ed apprezzare l’artificio del poetico fraseggiamento. Una italica cittá, che ottenne colonie da Pompeo Strabone e da Giulio Cesare, che fu madre de’ due Plini e de’ due Giovii [Benedetto e Paolo], e da cui traggono la chiara origine le famiglie di due sommi pontefici [Innocenzo XI e Clemente XIII], può senza fallo ornarsi di poetiche lodi eziandio nella massima Roma, sol che ravvolga nel pensiero l’antico splendore della sua militare possanza o la maestá di quell’augusta religione, da cui è reso il suo nome piú dell’antico venerabile, dignitoso e solenne a qwanti popoli racchiude il gemino emisfero.

V. I — L’origine di Como si perde nell’alta notte de’ secoli piú rimoti. Plinio afferma, seguendo Catone nelle Origifii, che la fondassero gh orobii (ili, 17). I celti o gaUi, occupatori dell’ Insubria, furono vinti da