Pagina:Poeti minori del Settecento II.djvu/277

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85Ciò sará tuo, se il vuoi. Ma qual veleno

tai piacer non funesta?

Turba affannosa e mesta

ben ridir ti saprá che al mondo in seno

incorrotto piacer gustasi raro;
90che, se bella è la scorza, il frutto è amaro.

Chiedilo a Fille. Ella i suoi giorni agli agi
sacri rese e ai diletti:
a lei di cibi eletti

fuman prodighe mense: a lei palagi
95sorgono, e ciò che ha piú di nome e grido

manda l’industre a lei gallico lido.

Stupor move costei, se in sua beltade
ostenta il corpo adorno:
al seno, al collo intorno
100brillan le gemme de l’eoe contrade :

bella la fece il ciel; la fa piú bella
arte fedel di paziente ancella.

Pur crederai? Fille, che par si lieta,
da le sue pompe è oppressa:
105arbitra di se stessa

non è, se il vuol: tiranno uso lo vieta:
prepotente ei la siegue in ogni loco,
e vegliar la condanna al ballo, al gioco.

Sovente amara invidia il cor le rode,
no se d’Amarilli al volto,

o al crin leggiadro e colto

de l’emula Licori alcun dá lode:

costretta è spesso a compor gli atti e il viso,

e a frenar sin la libertá di un riso.