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Vago, qual tu di lagrime,
a gelid’urna intorno,
25per la sua Cintia il fervido
cantor de l’Umbria, un giorno,
quai non die voti a Nemesi?
quai numi non pregò?
Ma l’inflessibil Atropo
30i carmi suoi deluse;
e fu nud’ ombra e cenere,
ad onta de le muse,
quella ch’ei tanto amò.
Duro, lo so, fu agli ottimi
35perdere, e a te piú amaro,
donna, che il basso secolo
de’ pregi suoi fea chiaro
e troppo breve immagine
fu degli dèi quaggiú.
40Ma che? se stessa esercita
ne’ rischi un’alma forte:
e, mentre il volgo opprimono,
son l’ire de la sorte
cote de la virtú.
45Altro da te che gemiti
l’itala gloria aspetta.
Genio sacro a Melpomene,
te il comun voto affretta
nel noto calle a movere
50il coturnato pie.
Giá la tua voce implorano,
scosso il fatai letargo,
da l’are empie di Tauride
e da le torri d’Argo
55ombre di mesti re.