Pagina:Poggio Bracciolini - Facezie, Carabba, 1912.djvu/125

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facezie 113

calmare quel gonfiore bagnandolo. La ragazza, che aveva paura di que’ della casa, non osava chiedere acqua; poi, commossa dalle grida e dal dolore di quell’uomo, andò a prenderne, e bagnatolo, tolse alquanto il gonfiore. E come un po’ di rumore si faceva nella casa, il frate, desideroso di svignarsela, tolse il cordone dalla tavoletta, ed era scorticato, massime al di sopra; e quando dovè chiamare il medico per la cosa, la novella venne sulle bocche di tutti. Chè se a tutti costassero altrettanto i loro vizi, molti sarebbero più continenti.


CLXX

Orribile storia di un giovane che mangiava i bambini.


Io racconterò ancora, tra queste fiabe, una storia nefanda ed orribile, non mai udita ne’ secoli addietro, che io stesso credevo favolosa, ma della quale ho potuto convincermi per una lettera di un segretario del Re. Ecco come press’a poco era scritto in una parte di quella lettera. “A dodici miglia da Napoli è avvenuto un fatto mostruoso, in un luogo de’ monti di Somma, dov’è un borgo così chiamato. È stato preso e condotto dal Podestà un ragazzo lombardo di circa tredici anni, che aveva mangiato due bambini di tre anni. Egli li attirava con blandizie in una spelonca, li impiccava e li tagliava a pezzi, e parte di quella carne fresca mangiava cruda, parte cotta al fuoco. Ed ha confessato di averne mangiati molti altri, perchè quelle carni gli sembravano più saporite delle altre; e che ne mangerebbe sempre, se potesse. E poichè si dubitava che ciò facesse per pazzia, rispose saggiamente sulle altre cose, e constò che operava non per demenza ma per ferocia.”

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