Pagina:Poggio Bracciolini - Facezie, Carabba, 1912.djvu/67

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facezie 55

LXXI

Di un giocatore che fu messo in prigione.


A terranova sono stabilite alcune pene per coloro che giocano a’ dadi. Uno che io conosco fu preso sul fatto, e caduto in pena, fu condotto in prigione. E quando gli si chiedeva perchè fosse egli ivi chiuso, rispondeva: “Questo podestà nostro mi pose in carcere perchè m’ero giocato il mio denaro. Che cosa avrebbe egli fatto se mi fossi giocato il suo?”


LXXII

Di un padre che rimproverava il figlio ubriaco.


Un padre che molto spesso aveva rimproverata l’ubriachezza del figlio, visto una volta un ubriaco sulla strada, che giacea turpemente, con tutte le cose scoperte, con una frotta di monelli intorno che l’irridevano, invitò il figliuolo ad assistere a così triste spettacolo, sperando che per questo esempio, dal vizio dell’ubriachezza correggere lo potesse. Ma questo, veduto l’ubriaco, disse: “Ti prego, padre mio, di dirmi dov’è che si vende tal vino, per cui questo si è fatto ubriaco, perchè di esso possa io gustar la dolcezza.” E si mostrò commosso non dalla bruttezza dell’ubriaco, ma dal desiderio del vino.


LXXIII

Di un giovane di Perugia.


Anche Ispina, di Perugia, era un giovane di nobile casato, ma talmente dissoluto, ch’era di vergogna a tutti gli altri della famiglia. Simone Ceccolo, che era suo parente, uomo vecchio, di grande autorità e prudenza, lo chiamò un giorno a sè e con molti argomenti lo consigliò a mutar vita, facendogli brutta mostra de’