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e cosí gli danno a lor bestie. Viritá è che le lor bestie vi sono sí avezze, che, cosí vivi come egliono escono dell’acqua, sí gli si mangiano. Ancora vi dico ch’egli hanno di molto buon pesce, e fannone biscotto, che egli gli tagliano a pezzuoli, quasi di una libbra il pezzo, e poscia gli apiccano al sole, e fannogli seccare. E quando sono secchi, sí gli ripongono, e cosí gli mangiano tutto l’anno, come biscotto. Qui si nasce lo ’ncenso in grande quantitá, e fassene grande mercatanzia1. Altro non ci ha da ricordare: partiamoci di questa cittá e andiamo verso la cittá a Dufar.

CLXXIII (CXCV)

Della cittá Dufar.

Dufar si è una grande e bella cittá: è di lungi da Scier cinquecento miglia, ed è verso maestro. E sono saracini, ed hanno per signore un conte, e sono sotto il reame d’Edenti. Ed hanno anche porto,2 e sono di mercatanzia quasí come quegli di sopra. Dirovvi in che modo si fa lo ’ncenso. Sappiate che sono certi3 albori, ne’ quali si fanno certe intaccature, e per quelle tacche escono gocciole le quali s’assodano: e questo si è lo ’ncenso. Ancora, per lo molto gran caldo che v’è, si nascono in questi cotali albori certe galle di gomma, la quale si è anche incenso. E di cavagli, che vengono di Arabia e vanno

  1. Berl. e l’inzenso, de quello ve ò dito, sono sí bon marcado che l’è una cosa meraveiosa; e de questo el signor ne á uno gran utile.
  2. Berl. ed è detícada sopra el mar, ed á bon porto, al qual vieao molte nave con molte marcadanzie e gran quantitá de marcadanti. E portano molti cavali a altre contrade, deli quali i marcadanti ne fano gran guadagno.
  3. Berl. albori non tropo grandi, ma sono como zapini; e fano tache con corteli in pixor parte.