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il milione 265


CLXXIX (CCXVII)

Della Valle iscura.

Andiamo piú innanzi per tramontana, e trovamo una contrada chiamata Iscuritá. E certo ella hae bene nome a ragione, ch’ella è sempre mai iscura: quivi si non appare mai sole nè luna nè stelle, 1sempre mai v’è notte. La gente che v’è vivono come bestie, e non hanno signore. Ma2 talvolta vi mandono gli tarteri com’io vi dirò: che gli uomeni che vi vanno si tolgono giumente ch’abbiano puledri dietro, e 3lasciano li puledri di fuori dalla scuritá, e poi vanno rubando ciò che possono trovare, e poi le giumente si ritornano a’ loro pulledri di fuori dalla iscuritá: e in questo modo riede la gente che vi si mette ad andare. Queste genti4 hanno molto di queste pelli cosí care ed altre cose assai, perciochè sono maravigliosi cacciatori, e ammassono molto di queste care pelli che avemo contato di

  1. Pad. de tuto el tempo de l’ano ghe n’è oscuritá al muodo che nui averne in ste nostre contrá in la prima sera.
  2. Berl. Pad. quando i tartari i vano, algune volte, in quella oscuritá, i àno una tal usanza. I vano tuti a cavalo su cavale c’abiano...
  3. Berl. intrano i tartari con le zumente, e lassano i polieri de fuora, e roba tuto quello che i puoi avere... Le cavalle i torna ai suo’ polieri, e otimamente sano la via.
  4. Berl. àno zebelini i quali sono de gran valore, comò io ve ò dito, e àno armelini e vari e volpe negre e molte altre care pelle, e sono tutti ca... (qui finisce in tronco, in fine a c. 142 recto, il cod.).