Pagina:Polo - Il milione, Pagani, Firenze 1827, I.djvu/447

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rro **r {sconfitto con tutta sua gente, c il re Alan (i) si ritornò in suF campo e’comandò che tutti gli morti iossono arsi, cosigli nemici, come gli amici, perocché era loro usanza d’ ardere i morti ; e iàtlo ch’ebbono questo sì si partirono, e ritornarono in loro terre. (a) Avete inteso tutti i fatti di Talleri e di Saraci ni, (u) quanto sene può dire, e di loro costumi r e degli altri paesi che sono per lo mondo, (piamo se ne puote cercare e sapere, salvo che del Mar Maggiore non vi abiamo parlato, nè detto nulla, nè delle provincie che gli sono d intorno, avegnachè noi il ciercamo ben tutto, (//' perciò il lascio a dire, che mi pare che sia fatica a dire quello che non sia bisogno, nè utile , nè quello che altri fa tutto dì, che tanti sono coloro che il cercano e 1 navicano ogni dì che bene si sa , siccome sono Yiniziaui e Genovesi e Pisani, e molta altra gente che fanno quel viaggio ispesso , che caluno sa ciò che v’ è ; e perciò mi taccio (1) Il segui con sita gente uccidendone quanti ne potea giugnere . E poi eh è p7» ebbono multo perseguitati tornarono al campo (Cod.Pucé■ )■ (2) Molto differendo la fine del Codice ucciano da quella del nostro crediamo dover la trascrivere per intero . „ Ora avete inteso de Jatti , e de costumi detartari , e di Sbracine’, e di ,, Idolatri, e de'loro paesi tanto che è bastevole. Sicché ponghi amo fine qui al nostro „ dire . E solo questo vo dire., cioè, della nostra ventura che avemmo quando ci „ partimmo dal Gran Cane , come di sopra ->>' avem detto , dove diceche Messer „ Mjfio, Messer Aiccolo , e Messer Marco domandarono comiato dal Gran Ca- ,, ne , e quivi si racconta la ventura eh avemmo del poterci partire . Che se „ Iddio non c oi'esse mandata quella ventura , crediamo che non ci potremmo „ mai esser partiti per tornare in nostri paesi . Ma crediamo che Iddio ci con- „ cedesse questa grazia per consolazione di noi , e di nostre forzàglie . E accioc- ,, chè si snpessono delle maravigliose cose , che sono per lo mondo . Che secon- ,, do eh' abbiam detto dinanzi non crediamo che mai fosse ninno , che tanto cer- „ casse del mondo , quanto fece Messer Marco figlio di Messer ¡\iccolo Polo ,, nobile , e gran cittadino della città di / inegia . Compiuto di scrivere martedì sera a dì 2o. di Novembre (a) La guerra che qui descrive è quella di cui fa menzione nel Proemio, che accadde mentre il Padre e lo Zio del Polo erano alla Corte di Barca, ed in virtù della quale furono obbligati per ritornare a Costantinopoli a trasferirsi all estremità orientale dell’ Impero di Barca, e ad internarsi nella parte centrale dell’ Asia per non imbattersi nelle schiere nemiche , e cosi ebbero agio ili recarsi a Boccara e dietro l’invito fatto loro di proseguire il viaggio sino al Ca- tajo, lo che die moto al viaggio posteriore del figlio. Della battaglia qui descritta parla Aitone . ( A pud Berg. CXXX. ) Secondo esso accese la guerra 1’ ambizione di Barca che morto Ma.igu volle sollevarsi al sovrano impero di Tartaria . Non nolo Aitone il luogo ove accadde la battaglia, ma secondo esso le armate azzuffaronsi sopra un fiume diacciato, ed il peso dei combattenti a- vendo fatto rompere il diaccio trenta mila di essi delle due parti perirono, per lo che le due armate si ritirarono nelle proprie contrade . (/») Cioè a dire che i Viniziani naviga vanlo tutto d’intorno .