Pagina:Polo - Il milione, Pagani, Firenze 1827, I.djvu/66

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di La tono , ailìdati forse nella presunta noncuranza del volgo dei leggitori. Eccitamento è pure alla critica la lusinghevole opinione di apparir grandi, scuoprendo le mende d uomini sommi, quasiché ne addivenga che all’ altezza del censurato si sollevi il censore, quantunque l’ultimo sia da assomigliare ad insetto molesto, che sulla fronte del leone posa superbo . Travia ancora il ragionamento del critico il trasportare i giudizj municipali a paesi lontani, a cose remote . XXX. A costoro rispose il Polo nel proemio , die dettò nelle prigioni di Genova , dicendo , che nel suo libro il leggitore troverebbe : a le grandissime e diverse cose della Grande Erminia , e di Persia , a e d’india, e di molte altre province .... come Messer Marco Polo « Viniziano ha raccontato, secondo che egli vide cogli occhi suoi: moler te altre che non vide ma intese da savi uomini, e degni di fede . E <( però estendo le vedute per vedute, e le udite per udite , acciò il u nostro libro sia diritto e leale e senza riprensione « («) . Ei dunque ad imitazione d’Erodoto raccolse le altrui relazioni, e per non rendersene responsale, nel proemio, solennemente lo dichiarò . Perciò nel commentario crediamo averlo pienamente lavato, o col dichiarare quali siano le cose per le quali fu ingiustamente censurato, o coll allegare altre autorità coeve, che confermano le narrazioni favolose di lui ( che sono però in poco numero) ; e da ciò ne addiviene , che può essere tacciato , come il suo secolo , di credulità, ma non mai di mendacia . XXXI. Il raccogliere il narrato da altri fu al Polo necessario per condurre a termine l’alto e nobile divisamento, per l’utilità della patria, deil’ Italia, dell’Europa di descrivere dell Antico Mondo, di cui tanta parte era incognita agli Europei dei suoi di, quanto ei nè vide, o quanto nè apprese dagli Arabi e dai Mogolli, che erano allora i popoli i più poderosi e trafficanti dell’ universo . Tale disegno rendè manifesto nella conclusione al Milione (¿). « Avete inteso (ei dice) « tutti i fatti di Tartari, e di Saracini quanto sene può dire, e di « loro costumi, e degli altri paesi, che sono per lo mondo , quanto se a ne puote cercare , e sapere , salvo che pel Mar Maggiore non vi ho « detto nulla, nè delle provincie che vi sono d’intorno, avvengachè « noi il cercamo ben tutto, perciò il lascio a dire, che mi par fatica « a dire quello che non sia di bisogno, nè utile, nè quello che altri sa « tutto di .< E con questo ammaestramento utile anche ai dottissimi secoli posteriori chiude il discorso . XXXII. Da ciò ne avviene, che vanamente è da sperare, ordine e chiarezza nella relazione del suo viaggio , ma con flottile disamina fa (a) T. i. p. i. T. i. p.227.