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Decidono di nascondersi dietro una siepe, dalla quale assistono a tutte le scempiaggini e le puerilità che il gran Vecchio fa e dice col suo Asino ingrato; mentre egli appare così pieno invece di senno e di arguzia, quando discorre col suo contadino del modo di fare gl’innesti, o di curare gli agrumi... o di metter su casa. Infine il Poeta rinsavisce a forza di calci; gli amici accorrono premurosi... Il poeta filosofo li accoglie discorrendo seriamente di astronomia e di morale: è guarito, e tutto finisce bene.

Dobbiamo considerarlo semplicemente uno scherzo del Pontano, o l’allegoria di quest’Asino nasconde un fine più satirico e pungente? Intanto va notato che nessuno dei due citati proverbi sull’asino saprebbe spiegare convenientemente anche il sottotitolo con cui il Dialogo fu pubblicato: Asinus, sive de ingratitudine. La quale ingratitudine ce la vedeva chiara anche il Sannazzaro, quando, in una Elegia famosa, scritta per celebrare le opere del suo grande maestro, ci dice che egli

aut apta ingratos taxet sub imagine mores
qui super infusas spernit Asellus aquas.


    la pace (1486) fra il Re di Napoli e il Papa, e di metter fine a una guerra che turbava quasi tutta l’Italia» dice il Sannazzaro.