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XI

DAGLI “HENDECASYLLABORUM” L. II


XXIX

ALLA MOGLIE1

(Dopo il 1498)


Gioia fallace di mia vecchiaia
che ti dimentichi del nostro letto
né piú al connubio pensi e all’amore,
fallace affetto, cuore infedele!
Io sono un misero tremulo vecchio5
abbandonato da te che in sogno
neppur ritorni a consolarmi
dei gravi affanni della vecchiaia,
né piú permetti che il figlio pensi
al vecchio padre. Vi dico addio!10
Queste procelle senza di voi
soffrirò solo freddo languente.
Vane parole: speme nei figli,
patti di sposa non osservati.


  1. Si era fatta ormai la solitudine intorno al vecchio Poeta. Morta Lucia, morta Adriana, spose e lontane Aurelia ed Eugenia, morta la seconda moglie Stella, morto il bimbo da lei nato. Della nuora, madre di Tranquilla, nulla sappiamo.
         Non restava al vecchio, sordo e debole oramai di vista, che ricordare i cari trapassati, rivedere le sue opere e prepararsi al gran passo. Le due poesie che seguono sembrano veramente, dopo il dolore dei giambici desolati, il suo canto del cigno.

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