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ancora nel linguaggio astronomico la rivoluzione della Luna rispetto ai punti nei quali può venire ecclissata si chiama draconitica, residuo (puramente nominale per fortuna) dell’opinione che attribuiva presso i Caldei le scomparse dell’astro a un dragone che lo divorava. E gli urli, gli schiamazzi e i rumori di ogni sorta, che si usavano fare, durante le ecclissi, dai Peruviani come dagli aborigeni delle Antille, dagli Indiani come dai Norvegesi, alle scopo di allontanare gli spiriti malefici che facevano ammalare la luna, o gli animali mostruosi che la ingoiavano, queste manifestazioni clamorose di stupido feticismo non sono durate, attraverso al classicismo greco e romano, sino all’epoca cristiana? Le biasimava acerbamente, nel quinto secolo dell’êra volgare, il fondatore della chiesa torinese, san Massimo: “Sembrerebbe„, egli dice in una omelia de defectu lunae, “che si volesse recar soccorso al Creatore, come se Dio, che ha fatto gli astri, non fosse in grado di difenderli e di sostenerli„. Parole d’oro, che il savio vescovo potrebbe ancor oggi quasi testualmente ripetere a’ suoi successori, quando (in tanta luce di scienza e di civiltà) fanno suonar le campane per respingere il fulmine e la gragnuola!



Le rappresentazioni della divinità si vanno facendo sempre meno grossolane e materiali, quanto più la mente umana si va emancipando dalla paura di avvenimenti misteriosi, prodotti da forze cieche e strava-

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