Pagina:Porta - Poesie milanesi.djvu/170

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" Volendo poi accompagnar col fatt
" Le parole, onde avesser maggior pés,
" E combinare con un pò d* eclatt
" La mortifícazion di chi m’ ha offes,
" E l’esempio alle dame da seguir
" Ne contingenti prossimi avvenir,

" Sorto a on tratt dalla chiesa, e a quej pezzent
" Rivolgendem in ton de confidenza,
" Quanti siete, domando, buona gent?...
" Siamo vent’un, responden. Eccellenza!...
" Caspita! molti, replico.... Vent’un?...
" Non serve, Anselm, degh on quattrin per un.

Chi tás la dama, e chi don Sigismond
Piein come on oeuf de zel de religion,
Scoldaa dal son di forzellinn, di tond.
L’èva lí per sfodragh on’orazion.
Che, se Anselm no interromp con la suppéra,
Vattel a catta che borlanda1 l’era!!..

NOTE.

1) avanij: angherie, soprusi.

2) profezia: allude alla profezia di Cristo sui segni precursori della fine del mondo.

3) venerdí de marz: nei venerdí di marzo era pio costume dei milanesi di visitare l’effigie del Crocefisso nel tempio di S. Maria, detta dei Miracoli, presso S. Celso in Porta Ludovica, ora Corso Italia.

4) l’armi e i lavorin: gli stemmi nobiliari alla carrozza e i galloni larghi, tessuti di lana e seta cogli emblemi del blasone, a guernizione delle livree dei domestici.

5) furugozz: serra serra.

6) La Marchesa nella sciocca sua vanitá paragona il suo grado di nobiltá a quello che i Troni e le Dominazioni, tengono, secondo le indicazioni liturgiche, nella gerarchia degli Spiriti Angelici,

  1. borlanda: broda; in senso traslato qui, sproloquio.