Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/209

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«Soltanto qualche volta mi diceva:

« — Oh se potessi restar sempre qui con te.

«Io non sapevo risponderle, perchè malgrado le buone intenzioni del padrone, capivo che Rosilde non poteva dimorare a lungo in questa casa.

«Il pensiero di dovermi separare nuovamente da lei mi accorava: si viveva così bene insieme: non potevo rassegnarmi a vederla riprender quel suo diabolico mestiere.

«Ella non ne parlava mai: pure cosa avrebbe dovuto fare? la serva come me, essa allevata in tanta delicatezza?

«Mulinavo dì e notte per aggiustarla in qualche modo. Ma, fra me e me, a lei non dicevo mai nulla.

«E per circa tre mesi ella non pareva accorgersi dei miei fastidi, e non si dava punto pensiero dell’avvenire, proprio come nostro padre buon’anima.

«Cantava tutto il dì come un passero, era una consolazione a sentirla, tanto che delle volte mi attaccava il suo buon umore e vergognandomi de’ miei dubbi, dicevo fra me:

« — La Provvidenza penserà lei alla povera Rosilde.

«Non so perchè cambiò tutto ad un tratto.

«Una mattina entro nella sua stanza e la trovo seduta sulla sponda del letto, col viso tutto sconvolto, pallida come un cadavere che piangeva dirottamente.

«Gli feci mille domande, non mi disse altro se non che non si sentiva bene.

«Poi, dopo il primo momento, si ricompose e fe’ di tutto per dissipare le mie inquietudini. Mi assicurò che l’era passato, che stava bene, ma vedevo che non era vero. Per quanto si sforzasse, non riusciva a celarmi una grande tristezza che la opprimeva.