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XXIV.


Uscito nella via mi fermai per accendere il sigaro: e, senza volerlo, intesi che il sindaco parlava di me chiamandomi «lo scarabocchino».

Non era un’ingiuria tanto atroce ch’io potessi aver diritto di offendermi.

Eppoi non ci tenevo punto alla stima del sindaco: e non ero curioso di sapere ciò che diceva di me.

Mi disponevo ad andarmene, quando mi accorsi che qualcuno mi spiava dalla porta socchiusa della bottega.

Era il signor Bazzetta il quale certamente veniva ad accertarsi se ero già abbastanza lontano da poter sparlare di me.

Non potei trattenermi dal dirgli ad alta voce:

— Oh bravo! Se voleste aver la bontà di farmi un po’ di lume, ve ne sarei obbligato. Io adoro la polizia... urbana, l’unica che manchi a Sulzena.

Comprese la doppia allusione ch’io volli far al suo racconto di poco prima e alla sconvenienza di quell’ultimo atto, perchè rispose:

— Anch’io una volta, — ora non ci penso più. Aspettate vengo colla lucerna.

Uscì poco dopo e volle rimanere a rischiararmi la strada finchè io non ebbi svoltato verso la chiesa.

Mi volsi parecchie volte ed osservai che man mano svaniva sul suo musettino il sorriso di riguardosa premura con cui mi aveva augurato la buona notte.

Don Luigi era arrivato da Novara.