Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/246

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— Ma egli non ha imposto nulla, non sapeva nulla. Senta. Lei, tornando passerà da Zugliano; favorisca in casa mia; mi lusingo di riuscire a convincerla.

E rivolto a me:

— Venite anche voi; potrete confermare buona parte del mio racconto.

— E don Luigi? — osservai riconciliato interamente col dottore. Sarà meglio lasciarlo tranquillo. Inoltre bisogna bene che ci occupiamo senza indugio del povero Beppe.

Andai con lui al presbiterio a congedarmi.

Don Luigi non cercò di trattenermi: prese la la mano ch’io gli porsi rispettosamente, mi tirò a sè, mi abbracciò con effusione senza far motto.

Il segretario fu tanto buono da cedermi la sua cavalcatura e partimmo col dottore.

Allo svolto dove la strada passa ancora sotto Sulzena prima di seguir la vallata mi volsi e diedi un’ultima volta uno sguardo di tenerezza al presbiterio che stendeva modestamente al sole cadente i suoi muri bianchi e le ultime foglie rosse del suo pergolato.

Dal muricciuolo dell’orto la Mansueta mi salutava scuotendo il suo grembiale con ambe le mani.

Nella confusione della partenza m’ero dimenticato di lei. Eppure dopo tanti anni ho ancora vivissima in me la sua immagine! Povera vecchia, santa donna: quanto mi sono rimproverato di non essere tornato indietro a stringer la sua mano aggrinzita dal lavoro!

Allora non credevo di non averla a riveder più.

Addio! con un cenno di mano si piglia commiato per tutta l’eternità!

Si faceva tardi; mettemmo i cavalli al galoppo.